Un Galileo a Milano by Massimo Bucciantini

Un Galileo a Milano by Massimo Bucciantini

autore:Massimo Bucciantini [Bucciantini, Massimo]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788858427163
editore: Einaudi
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Istruzioni per naviganti coraggiosi. Poco piú di una serie di avvertimenti appena abbozzati ma estremamente precisi, scritti da chi aveva riflettuto a lungo sulla difficile traducibilità di quel testo in un esperimento teatrale rigorosamente epico. Ma che a Strehler furono sufficienti per tentare di dare alla sua regia un’impronta di originalità come nessuno, in Europa e negli Stati Uniti, fino a quel momento era riuscito a fare.

Nel ricordare la sua lunga appartenenza al Piccolo, Giulia Lazzarini ha dato una definizione del lavoro di Strehler che trovo illuminante: «Ogni spettacolo con lui voleva dire un vestito nuovo»28. Con Vita di Galileo Strehler s’inventò un abito di rara bellezza, che nell’essere indossato e poi ammirato dal pubblico aveva bisogno di un tempo all’incirca doppio rispetto a quello di solito impiegato negli altri allestimenti. È curioso che questo tipo di comparazione con gli altri Galileo messi in scena negli stessi anni non venga mai fatto. Come se Strehler non fosse perfettamente al corrente di ciò che accadeva nei principali teatri d’Europa. Come se nella sua ossessiva capacità di tenere sotto controllo ogni dettaglio non avesse pensato a farsi inviare da Helene Weigel tutto il materiale illustrativo relativo al Galileo berlinese.

«La prego di farmi mandare, con cortese sollecitudine, numerose fotografie dello spettacolo “Galileo” nella edizione del Berliner Ensemble», scriveva Paolo Grassi alla Weigel il 21 settembre 196229. E il 26 dello stesso mese: «Rispondo io a una lettera a Giorgio Strehler che è attualmente lontano da Milano fino a metà ottobre, tutto raccolto nello studio del “Galileo”»30. A Venezia, appunto, lontano dal mondo, intento a scoprire il segreto nascosto in quelle dieci righe lasciategli in eredità.

La «tranquilla grandiosità» vagheggiata da Brecht venne realizzata isolando ogni battuta, ogni gesto, ogni cambiamento sulla scena. Se «un’andatura, un alzarsi, un gesto hanno un significato e meritano attenzione», come appunto desiderava Brecht, la risposta di Strehler fu quella di far recitare la lentezza e il silenzio. «Ogni gesto era come disegnato sul palcoscenico, come incastonato in un affresco»31. Questo fu il «vestito nuovo» che fece indossare al suo Galileo. Riuscire attraverso la lentezza a dare spazio alla parola, a darle profondità, risonanza epica. Cosí come il silenzio che accompagnava ogni lieve movimento dei personaggi non faceva altro che amplificare il senso di quelle azioni.

«Ti sentivi parte di un quadro del Caravaggio», mi ha detto Umberto Ceriani32. «La lentezza vista come acquisto consapevole della parola», si disse allora. Ma cosí facendo il Galileo di Brecht non diventava un’altra cosa? Non diventava anche il Galileo di Strehler, di Strehler e Brecht?

Senza minimamente intervenire sul testo, Strehler ne modificò l’andatura, il ritmo, l’ascolto, provocando cosí un forte impatto sul pubblico. Difficile restarne indifferenti. O ne apprezzavi ogni singola scena fino a farti accapponare la pelle33, oppure lo rifiutavi radicalmente. E il contrasto tra questi due diversi modi di vedere lo spettacolo si espresse allora in giudizi taglienti. Come questo: «Gli svenevoli che si estasiano alle sillabazioni dei Frati Fulgenzi del Galileo del Piccolo Teatro, si scioglierebbero in eguali solluccheri se (ragionando) si rendessero conto che il vero inventore di quell’oratoria è l’on.



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